“Il carico delle famiglie e il problema della qualità nella salute mentale: il punto di vista di utenti e famigliari”


CONVEGNO NAZIONALE – BOLOGNA 24-25-26 settembre 1998

Anna Arras – Presidente del Coordinamento Marchigiano delle Associazioni per la Salute Mentale.

Brevissimamente volevo evidenziare che, prima ancora della qualità dell’abitare (per altro sacrosanta) è necessario sancire il diritto all’abitare, purtroppo siamo ancora molto lontani dall’acquisizione di questo diritto. Per la maggioranza delle persone che soffrono di disturbo psichico nel migliore dei casi è prevista la cura, ma se quelle stesse persone dovessero terminare il loro percorso riabilitativo presso una struttura, residenziale o semiresidenziale, avrebbero raramente l’opportunità di uno spazio abitativo. Pochi enti locali si pongono questo problema; credo fermamente che la casa, fondamentale per tutti gli individui, lo sia ancora di più per coloro che non hanno mai posseduto uno spazio proprio con cui misurarsi mettendo in atto ciò che hanno acquisito nel percorso di cura.

INTERVENTO DALLA SALA

Manca, a mio avviso, un anello fondamentale della catena che deve unire il passaggio dalla riabilitazione al reinserimento nel tessuto urbano di una città.
Tutto ciò deve essere frutto di politiche ed intenti comuni fra Aziende Sanitarie, Dipartimenti di Salute Mentale, Comuni ed Associazioni di familiari, altrimenti la partita che stiamo giocando da anni per l’inclusione sarà persa, e sempre di più funzionerà per i nostri utenti la cosiddetta porta girevole.
Sarà persa se i Comuni continueranno a non svolgere un ruolo fondamentale quale quello di promuovere nella propria città, nel proprio paese quel dibattito culturale necessario per affrontare in modo corretto il problema; nessuno da solo e per proprio conto ce la farà.
Sappiamo che il pregiudizio di vivere, porta a porta, con delle persone in cura psichiatrica è terribilmente forte, ed allora per abbatterlo è necessario intessere una rete, la più ampia possibile, che ci permetta di discutere ma anche di attivare soluzioni concrete che facciano toccare con mano ai cittadini disinformati quanto i timori, le paure, i pregiudizi non abbiano veramente ragion d’essere.
Un problema è anche quello che molti Dipartimenti di Salute Mentale non hanno Assistenti Sociali in organico oppure sono presenti in numero assolutamente insufficiente; ciò è molto grave perché non permette di tessere quella rete e quei collegamenti indispensabili con i Comuni e gli enti di cui parlavo prima.
Finisco riferendomi ad un intervento precedente in cui si sosteneva che prima della casa dovrebbe essere garantito un lavoro per avere l’autonomia economica necessaria a sostenere le spese di un’abitazione.
Questo è vero ma è altrettanto vero che sappiamo per certo che non tutti i nostri utenti sono in grado di lavorare, ammesso che lo trovino un lavoro, quindi continuo a rimanere dell’idea che quello dell’abitare è un diritto primario, da soli per chi ce la fa, o in piccolissimi gruppi.
Dobbiamo essere convinti che questo resta un tassello importante nel percorso terapeutico e di vita dei nostri utenti, che contribuisce senza ombra di dubbio a riconoscere la dignità e il diritto di cittadinanza delle persone con disturbo mentale.
Grazie